martedì 21 gennaio 2014

Qualche aneddoto in Portorico (17-19 gennaio)

Le giornate sono sempre molto intense quando si viaggia, e lo sono ancora di più per i viaggiatori indipendenti. Così, purtroppo, il tempo a disposizione per scrivere è sempre molto poco e spesso ho giusto il tempo di pubblicare solo qualche foto.
Ma vedrò di raccontarvi qualche aneddoto degli ultimi giorni.
Dopo aver visitato le cascate di Damajagua, ovvero le cascate dei 27 salti (anche se i salti per giungere a valle in realtà sono un po’ meno) siamo tornate in bus (circa 4 ore di viaggio) a Santo Domingo, dove abbiamo passato la notte nel nostro solito B&B.
Prima di andare a letto, però, abbiamo prenotato il volo per le 7.00 del mattino del giorno dopo con destinazione Portorico (visto che non eravamo giunte in tempo a prendere la nave che partiva alle 19.00).
Quindi, sveglia alle 4.15 e arrivo a Portorico alle 8.00.
Stanche per la levataccia, ma contente di sfruttare l’intera giornata, ci dirigiamo verso il controllo passaporti dove ci aspetta la polizia di frontiera, che applica le stesse regole per entrare negli USA.
Siamo tranquille, adesso abbiamo il nostro biglietto d’uscita dal Paese, quindi non dovrebbero esserci problemi.
Tuttavia l’aria che si respira appena scese dall’aereo è abbastanza tesa. Una miriade di poliziotti scortano tutti noi passeggeri fino ai varchi immigrazione senza perderci di vista.
Sono loro che regolano le file e smistano le persone ai vari box.
Qualcuno che decide di cambiare fila per fare una coda più breve viene aspramente richiamato indietro e gli viene chiesto perché si è mosso!!
Restiamo allibite, sembra di entrare nella ex Germania dell’est (almeno quella che veniva descritta nei film!)
A questo punto mi sorge un dubbio. Nel foglietto che abbiamo dovuto compilare per l’ufficio immigrazione, oltre alle solite domande sul motivo della visita, cosa trasportiamo ecc. ecc. siamo state costrette a lasciare in bianco lo spazio dedicato al nostro albergo a Portorico, semplicemente perché non abbiamo avuto in tempo di cercarlo su internet. Arrivando di buon mattino mi è sembrato poco preoccupante…. un albergo si troverà.
In realtà, un’altra volta, alle Bahamas (sempre territorio controllato dagli americani) mi era capitata la stessa cosa e per metterci il visto di entrata sul passaporto, e dunque farci uscire dall’aeroporto, avevamo dovuto prima prenotare una sistemazione (aiutate dall’ufficio turistico del posto).
“Faranno così anche qui” penso. Tuttavia, l’atmosfera non mi piace. Così dico ad un’impiegata della compagnia con la quale abbiamo viaggiato, incaricata anche lei di sorvegliarci, che non abbiamo un albergo prenotato.
Mi guarda perplessa.
“Come? Non sapete dove dormirete?”
“No! È grave?” 
“E sì! Questo è un problema. Potrebbero rifiutarvi il visto”
“E che succederebbe?”
“Vi rimandano nella Repubblica Dominicana”
Sorrido, mi sembra che ci stia prendendo in giro, ma lei è seria e continua.
“in genere mandano indietro solo in caso di reati e questo non lo è. Ma le regole per l’immigrazione sono molto severe e non capitano molti casi di gente che non ha il nome dell’albergo. Credo che risolverete ma non saprei dirvi di più, dovete aspettare”
Alza le spalle, come per dire “non sono io che decido”.
Incominciamo a preoccuparci. Gli agenti dei vari box hanno tutti delle facce scure e sono serissimi.
Tocca a noi. Neanche a dirlo, visto lo spazio riservato all’albergo lasciato in bianco, l’agente, che sembra uscito da una puntata di Miami Vice, ci chiede dove dormiremo.
Spiego le stesse cose che ho detto prima all’impiegata ma il tizio mi dice, sempre senza fare un sorriso
“due cose sono necessarie per entrare nel Paese: un biglietto d’uscita e l’indirizzo di riferimento dove soggiornerete”.
Gli dico che abbiamo il biglietto d’uscita, che lasceremo il Paese dopo due giorni e che non abbiamo il tempo di prenotare, ma non abbiamo intenzione di dormire sotto un ponte. Lui sembra imperturbabile.
Ci prende, ancora una volta, le impronte digitali di entrambe le mani e ci scatta la solita foto  (noi sempre con delle facce stralunate…) poi mette un segno nei nostri foglietti e ci invita a seguirlo.
Continuiamo ad essere preoccupate di dover tornare indietro.
Lo seguiamo fino ad un grande ufficio delimitato da una vetrata enorme che si apre solo con un pass che l’agente avvicina ad un lettore. Ci indica una serie di poltrone su cui aspettare e poi consegna i nostri passaporti ad un altro agente dietro il bancone.
Accanto a noi sono sedute altre persone, alcune delle quali erano nel nostro stesso volo. C’è anche una coppia di anziani che sta chiedendo quanto tempo mancherà visto che hanno un altro volo da prendere in meno di un’ora.
“la chiameremo non appena possibile”
Lo liquida asciutto, senza preoccuparsi minimamente di ciò che quell’uomo gli ha appena detto.
La porta si richiude. Penso che siamo quasi prigioniere. Non abbiamo passaporti e la porta è chiusa!
Però, appesi alle pareti, ci sono manifesti che recitano più o meno “stiamo svolgendo il nostro lavoro, vi tratteremo con rispetto”.
Mi sembra di essere in un altro pianeta se penso all’Italia e all’atteggiamento dei nostri agenti in questi casi. Preferisco senza dubbio il mio Paese.
Aspettiamo più di mezz’ora. Ci sono quattro impiegati che sembrano tutti molto indaffarati, ma veniamo chiamati con molta lentezza.
Arriva il nostro turno. Stessa domanda, stessa risposta. Anche quest’agente sospira come a dire “e ora che facciamo?”
Si consulta con il collega…neanche fosse una questione di Stato.
“ma è proprio necessaria una vera e propria prenotazione?” chiedo spazientita
“Non è necessaria una prenotazione vincolante ma occorre che abbiate contattato la struttura, che sappiate dove si trova” mi dice, quasi come se non si volesse sbilanciare troppo.
Insomma, sembra che basti avere un nome e un indirizzo, non un impegno con l’albergo, ma, visto che io ho detto chiaramente che non ho contattato nessuno, adesso loro sono costretti a suggerirmene qualcuno.
“Le va bene il Best Western? È qui vicino l’aeroporto”
“Guardi mi va bene qualsiasi posto che non sia a cinque stelle” rispondo cercando di fare una battuta.
Evidentemente non ha avuto l’effetto sperato e l’agente, sempre serissimo, scrive sul nostro foglietto nome ed indirizzo dell’albergo e, finalmente, ci mette il benedetto visto sul passaporto!
“ricordatevi, per la prossima volta, di prenotare prima una sistemazione” ci ammonisce.
Andiamo a recuperare i nostri bagagli che giacciono soletti sul nastro ormai fermo da un po’ e ci dirigiamo all’ufficio informazioni.
Chiediamo di aiutarci a trovare un albergo nella città vecchia, non vogliamo dormire veramente al best western dell’aeroporto.
“Oh, sarà molto difficile. In questi tre giorni c’è la festa di San Sebastiano e la vecchia città coloniale è presa d’assalto da migliaia di turisti. Vengono da ogni parte del Paese e trovare un buco è impossibile. Vedrò quello che posso fare” ci dice Maria, che ha un viso più rubicondo e sicuramente più simpatico di tutti quei poliziotti.
Così comincia a fare decine di telefonate ma la risposta è sempre la stessa: niente!
“Posso provare a trovarvi qualcosa fuori città, ma sarà difficile muovervi con i mezzi pubblici e il taxi vi costerà parecchio”
Siamo un po’ demoralizzate, ma la fortuna non ci ha mai abbandonate e sono sicura che non farà neanche adesso.
Infatti, ad un certo punto dice: “posso provare a chiamare una guest house che si trova proprio nel centro della città vecchia. Ma vi avverto, è, come dire, non proprio nuova e non proprio bella. A volte ha qualche posto libero perché la gente quando arriva e la vede cancella la prenotazione. Magari ha qualche stanza. Potete andare a vederla. Se proprio non vi piace potete sempre andare via.”
Lo dice quasi imbarazzata. Telefona al proprietario e, magicamente, questo ha proprio una stanza libera perché all’ultimo minuto i clienti hanno cancellato la prenotazione (non sappiamo se prima o dopo aver visto la stanza!)
Non abbiamo molta scelta ma, in compenso, abbiamo molto spirito di adattamento, così partiamo alla volta del centro coloniale.
La palazzina è del 1921 (così c’è scritto sul frontone in alto) di stile coloniale, di colore giallo con una facciata ristrutturata, ma solo quella. L’ingresso è fatiscente. Ci accoglie il proprietario, un uomo basso e grasso che fa fatica ad aiutarci con i bagagli, tanto che ce li portiamo noi fino al secondo piano. Ci mostra la stanza e anche noi siamo tentate di andarcene, poi riflettiamo e decidiamo di restare.
“facciamo finta di campeggiare sotto le stelle, come ho fatto in Australia. Ti posso assicurare che dormire in un sacco a pelo per terra con serpenti, scorpioni e altre bestie che potrebbero venire a farti compagnia non è tanto più allettante. Almeno qui non ci sono insetti ed è igienicamente accettabile….o quasi”
Dico a Teresa che sembra piuttosto abbattuta.
È fatta! Siamo nel centro di San Juan, il cuore della festa, abbiamo trovato una sistemazione e adesso non ci resta che goderci questi due giorni!
(continua….)





3 commenti:

  1. bellissimi posti........il tempo vedo che è bellissimo mentre qui piove di brutto.......un bacio

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  2. Ve la siete vista di lastrico eh? Gery

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  3. viste le foto ne è valsa la pena.....consolati...ieri ho rischiato di essere picchiata da un cristianetto italianissimo con intenzioni violente....un finto sfrattato di casa.......qualche giorno mi accoppano...:-P

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