Le giornate
sono sempre molto intense quando si viaggia, e lo sono ancora di più per i
viaggiatori indipendenti. Così, purtroppo, il tempo a disposizione per scrivere
è sempre molto poco e spesso ho giusto il tempo di pubblicare solo qualche
foto.
Dopo aver
visitato le cascate di Damajagua, ovvero le cascate dei 27 salti (anche se i
salti per giungere a valle in realtà sono un po’ meno) siamo tornate in bus
(circa 4 ore di viaggio) a Santo Domingo, dove abbiamo passato la notte nel
nostro solito B&B.
Prima di
andare a letto, però, abbiamo prenotato il volo per le 7.00 del mattino del
giorno dopo con destinazione Portorico (visto che non eravamo giunte in tempo a
prendere la nave che partiva alle 19.00).
Quindi,
sveglia alle 4.15 e arrivo a Portorico alle 8.00.
Stanche per
la levataccia, ma contente di sfruttare l’intera giornata, ci dirigiamo verso
il controllo passaporti dove ci aspetta la polizia di frontiera, che applica le
stesse regole per entrare negli USA.
Siamo
tranquille, adesso abbiamo il nostro biglietto d’uscita dal Paese, quindi non
dovrebbero esserci problemi.
Tuttavia
l’aria che si respira appena scese dall’aereo è abbastanza tesa. Una miriade di
poliziotti scortano tutti noi passeggeri fino ai varchi immigrazione senza
perderci di vista.
Sono loro
che regolano le file e smistano le persone ai vari box.
Qualcuno che
decide di cambiare fila per fare una coda più breve viene aspramente richiamato
indietro e gli viene chiesto perché si è mosso!!
Restiamo
allibite, sembra di entrare nella ex Germania dell’est (almeno quella che
veniva descritta nei film!)
A questo
punto mi sorge un dubbio. Nel foglietto che abbiamo dovuto compilare per l’ufficio
immigrazione, oltre alle solite domande sul motivo della visita, cosa
trasportiamo ecc. ecc. siamo state costrette a lasciare in bianco lo spazio
dedicato al nostro albergo a Portorico, semplicemente perché non abbiamo avuto
in tempo di cercarlo su internet. Arrivando di buon mattino mi è sembrato poco
preoccupante…. un albergo si troverà.
In realtà,
un’altra volta, alle Bahamas (sempre territorio controllato dagli americani) mi
era capitata la stessa cosa e per metterci il visto di entrata sul passaporto,
e dunque farci uscire dall’aeroporto, avevamo dovuto prima prenotare una
sistemazione (aiutate dall’ufficio turistico del posto).
“Faranno
così anche qui” penso. Tuttavia, l’atmosfera non mi piace. Così dico ad
un’impiegata della compagnia con la quale abbiamo viaggiato, incaricata anche
lei di sorvegliarci, che non abbiamo un albergo prenotato.
Mi guarda
perplessa.
“Come? Non
sapete dove dormirete?”
“No! È
grave?”
“E sì!
Questo è un problema. Potrebbero rifiutarvi il visto”
“E che
succederebbe?”
“Vi
rimandano nella Repubblica Dominicana”
Sorrido, mi
sembra che ci stia prendendo in giro, ma lei è seria e continua.
“in genere
mandano indietro solo in caso di reati e questo non lo è. Ma le regole per
l’immigrazione sono molto severe e non capitano molti casi di gente che non ha
il nome dell’albergo. Credo che risolverete ma non saprei dirvi di più, dovete
aspettare”
Alza le
spalle, come per dire “non sono io che decido”.
Incominciamo
a preoccuparci. Gli agenti dei vari box hanno tutti delle facce scure e sono
serissimi.
Tocca a noi.
Neanche a dirlo, visto lo spazio riservato all’albergo lasciato in bianco,
l’agente, che sembra uscito da una puntata di Miami Vice, ci chiede dove dormiremo.
Spiego le
stesse cose che ho detto prima all’impiegata ma il tizio mi dice, sempre senza
fare un sorriso
“due cose
sono necessarie per entrare nel Paese: un biglietto d’uscita e l’indirizzo di
riferimento dove soggiornerete”.
Gli dico che
abbiamo il biglietto d’uscita, che lasceremo il Paese dopo due giorni e che non
abbiamo il tempo di prenotare, ma non abbiamo intenzione di dormire sotto un
ponte. Lui sembra imperturbabile.
Ci prende,
ancora una volta, le impronte digitali di entrambe le mani e ci scatta la
solita foto (noi sempre con delle facce
stralunate…) poi mette un segno nei nostri foglietti e ci invita a seguirlo.
Continuiamo
ad essere preoccupate di dover tornare indietro.
Lo seguiamo
fino ad un grande ufficio delimitato da una vetrata enorme che si apre solo con
un pass che l’agente avvicina ad un lettore. Ci indica una serie di poltrone su
cui aspettare e poi consegna i nostri passaporti ad un altro agente dietro il
bancone.
Accanto a
noi sono sedute altre persone, alcune delle quali erano nel nostro stesso volo.
C’è anche una coppia di anziani che sta chiedendo quanto tempo mancherà visto
che hanno un altro volo da prendere in meno di un’ora.
“la
chiameremo non appena possibile”
Lo liquida
asciutto, senza preoccuparsi minimamente di ciò che quell’uomo gli ha appena
detto.
La porta si
richiude. Penso che siamo quasi prigioniere. Non abbiamo passaporti e la porta
è chiusa!
Però, appesi
alle pareti, ci sono manifesti che recitano più o meno “stiamo svolgendo il
nostro lavoro, vi tratteremo con rispetto”.
Mi sembra di
essere in un altro pianeta se penso all’Italia e all’atteggiamento dei nostri
agenti in questi casi. Preferisco senza dubbio il mio Paese.
Aspettiamo
più di mezz’ora. Ci sono quattro impiegati che sembrano tutti molto
indaffarati, ma veniamo chiamati con molta lentezza.
Arriva il
nostro turno. Stessa domanda, stessa risposta. Anche quest’agente sospira come
a dire “e ora che facciamo?”
Si consulta
con il collega…neanche fosse una questione di Stato.
“ma è
proprio necessaria una vera e propria prenotazione?” chiedo spazientita
“Non è
necessaria una prenotazione vincolante ma occorre che abbiate contattato la
struttura, che sappiate dove si trova” mi dice, quasi come se non si volesse
sbilanciare troppo.
Insomma,
sembra che basti avere un nome e un indirizzo, non un impegno con l’albergo,
ma, visto che io ho detto chiaramente che non ho contattato nessuno, adesso
loro sono costretti a suggerirmene qualcuno.
“Le va bene
il Best Western? È qui vicino l’aeroporto”
“Guardi mi
va bene qualsiasi posto che non sia a cinque stelle” rispondo cercando di fare
una battuta.
Evidentemente
non ha avuto l’effetto sperato e l’agente, sempre serissimo, scrive sul nostro
foglietto nome ed indirizzo dell’albergo e, finalmente, ci mette il benedetto visto
sul passaporto!
“ricordatevi,
per la prossima volta, di prenotare prima una sistemazione” ci ammonisce.
Andiamo a
recuperare i nostri bagagli che giacciono soletti sul nastro ormai fermo da un
po’ e ci dirigiamo all’ufficio informazioni.
Chiediamo di
aiutarci a trovare un albergo nella città vecchia, non vogliamo dormire
veramente al best western dell’aeroporto.
“Oh, sarà
molto difficile. In questi tre giorni c’è la festa di San Sebastiano e la
vecchia città coloniale è presa d’assalto da migliaia di turisti. Vengono da
ogni parte del Paese e trovare un buco è impossibile. Vedrò quello che posso
fare” ci dice Maria, che ha un viso più rubicondo e sicuramente più simpatico
di tutti quei poliziotti.
Così
comincia a fare decine di telefonate ma la risposta è sempre la stessa: niente!
“Posso
provare a trovarvi qualcosa fuori città, ma sarà difficile muovervi con i mezzi
pubblici e il taxi vi costerà parecchio”
Siamo un po’
demoralizzate, ma la fortuna non ci ha mai abbandonate e sono sicura che non
farà neanche adesso.
Infatti, ad
un certo punto dice: “posso provare a chiamare una guest house che si trova
proprio nel centro della città vecchia. Ma vi avverto, è, come dire, non
proprio nuova e non proprio bella. A volte ha qualche posto libero perché la
gente quando arriva e la vede cancella la prenotazione. Magari ha qualche
stanza. Potete andare a vederla. Se proprio non vi piace potete sempre andare
via.”
Lo dice
quasi imbarazzata. Telefona al proprietario e, magicamente, questo ha proprio
una stanza libera perché all’ultimo minuto i clienti hanno cancellato la
prenotazione (non sappiamo se prima o dopo aver visto la stanza!)
Non abbiamo
molta scelta ma, in compenso, abbiamo molto spirito di adattamento, così
partiamo alla volta del centro coloniale.
La palazzina
è del 1921 (così c’è scritto sul frontone in alto) di stile coloniale, di
colore giallo con una facciata ristrutturata, ma solo quella. L’ingresso è
fatiscente. Ci accoglie il proprietario, un uomo basso e grasso che fa fatica
ad aiutarci con i bagagli, tanto che ce li portiamo noi fino al secondo piano.
Ci mostra la stanza e anche noi siamo tentate di andarcene, poi riflettiamo e
decidiamo di restare.
“facciamo
finta di campeggiare sotto le stelle, come ho fatto in Australia. Ti posso
assicurare che dormire in un sacco a pelo per terra con serpenti, scorpioni e
altre bestie che potrebbero venire a farti compagnia non è tanto più
allettante. Almeno qui non ci sono insetti ed è igienicamente accettabile….o
quasi”
Dico a
Teresa che sembra piuttosto abbattuta.
È fatta!
Siamo nel centro di San Juan, il cuore della festa, abbiamo trovato una
sistemazione e adesso non ci resta che goderci questi due giorni!
(continua….)
bellissimi posti........il tempo vedo che è bellissimo mentre qui piove di brutto.......un bacio
RispondiEliminaVe la siete vista di lastrico eh? Gery
RispondiEliminaviste le foto ne è valsa la pena.....consolati...ieri ho rischiato di essere picchiata da un cristianetto italianissimo con intenzioni violente....un finto sfrattato di casa.......qualche giorno mi accoppano...:-P
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